Gina Pane: l'arte che diede voce alle donne
Tra le maggiori rappresentanti della Body Art figura l'artista italo-francese Gina Pane.
Ella donava al corpo una triplice funzione contemporanea ed artistica: progettuale, materiale ed esecutiva.
Dopo l’Accademia di Belle Arti di Parigi ed un primo approccio alla scultura, Gina Pane si dedicò allo studio del corpo ai limiti del dolore; studio rivolto alla dimensione femminile, costretta ai peggiori soprusi.
Ed ecco, che dagli anni '70 le performances dell’artista sfiorano il violento. Quando, ad esempio, in presenza di un cospicuo numero di spettatori, con una lametta, si ferisce il viso. Il significato del cruento gesto è semplice: liberarsi e liberare il corpo della donna dal concetto preconfezionato della bellezza, al quale, ciascuna donna deve chinarsi da immemore tempo, costretta ad ogni tipo di violazione e sconforto.
Nell'ambito della Body Art, sono molti gli artisti che hanno martirizzato il proprio corpo evocando una vaga iconografia cristologica, tra cui proprio Gina Pane. In abiti bianchi, come una una sposa, vergine ed immacolata, si tagliava, come abbiamo poco fa accennato, con una lametta, o si feriva stringendo un mazzo di rose, macchiandosi con il sangue, originando così, un fortissimo contrasto cromatico (richiamando il flusso mestruale o il parto).
Azione Sentimentale, 1973 |
Gli anni '80 segnano la fase conclusiva del suo estro artistico. Abbandonerà l'arte performativa ma non lo studio sulla sfera dolorosa dei corpi. In questo periodo, la sua arte diventerà mera rappresentazione: le sue opere si compongono di testimonianze fotografiche delle performances, quasi come se fossero reliquie sante.
Difatti, il titolo è Les Partitions, che allude appunto alle memorie religiose.
Morirà prematuramente nel 1990 di cancro.
Antonella Buttazzo
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